Risotto di pesce alla XXVII Agosto - opera in 2 atti
Inviato: 10 novembre 2020, 1:39
Vorrei precisare che questa ricetta, come quella degli gnocchetti al pecorino, e le (poche) altre che ho disponibili, le ho già pubblicate anche su altri Forum, per cui quanto segue è praticamente il copia/incolla di tali lavori. Spero che non dispiaccia a nessuno, se si,fatemi sapere che mi fermo.
Atto primo: Prequel - Gratificazione - Sfogo - Solo chiacchiere: si può passare direttamente al 2°atto
In cucina mi considero bravino (senza esagerare), ma non ho una scelta molto ampia di piatti, cucino solo le cose che piacciono a me e mi sembra normale, a volte non seguo nemmeno una ricetta vera e propria ma mi affido all’ispirazione del momento, logicamente se decido per penne alla DioTiFulmini, il risultato sarà penne alla DioTiFulmini, ma per il procedimento seguo l’istinto.
Capita anche, che mi siano piaciuti piatti cucinati da altri e di provare a cucinarli (tentando e ritentando) fino a ottenere lo stesso risultato o qualcosa di simile. A volte basta poco per trovare procedura, ingrediente, o proporzioni magiche anche se spesso ho impiegato anni per raggiungere un buon risultato, mentre altre volte ho desistito non riuscendoci.
Ad esempio, dalle mie parti, si cucina un piatto tipico che si chiama cassoeula. Consiste in alcuni tagli di carne di maiale stufata assieme ad abbondante dose di cavolo verza (molta verza). Ne esistono parecchie varianti, più o meno «umide» a seconda della località dove viene proposta, ma la migliore che abbia mai mangiato, asciutta e bella unta, la cucinava mia nonna.
Non sono mai riuscito a farmi dare la ricetta, insegnatale probabilmente da sua mamma. Non che la volesse tenere segreta, per lei era una cosa talmente banale, che nello spiegare il da farsi, minimizzava il processo al punto da suonare così: su fuoco basso metti carne e verze fino a quando sono cotte. Che è pure vero, ma è come dire: la cucini e quando è pronta la mangi!
Ci ho messo una ventina d’anni a raggiungere un risultato abbastanza simile al suo, ma i primi tentativi, non li aveva voluti nemmeno il cane (non gli sarà piaciuta la verza, ma costine e cotenne?…niente).
Venendo alla ricetta oggetto del Topic, la sera del 25 agosto 2016 ho ricucinato un piatto che pur venendomi bene, diciamo in gioventù, da un certo momento in poi, di punto in bianco, non sono più riuscito a cucinare in modo accettabile (giudizio in versione elegante), nonostante vari tentativi, non c’è stato più verso, se volevo mangiare un buon risotto ai frutti di mare, dovevo andare al ristorante.
Per quella sera, dicevo, a mente fresca, dopo più di trent’anni di astensione, ho cucinato un risotto ai frutti di mare, il cui gradimento mi ha appagato. Eravamo in cinque, una moglie, due cognate, un cognato, ed io, pronti ad affrontare il benedetto risotto. Devo aggiungere che la rappresentanza rosa del gruppo, solo pochi giorni prima, aveva gustato il medesimo piatto in un rinomato ristorante romagnolo che lo annoverava tra le sue specialità.
Reazioni.
Ho visto un cognato: parmigiano grattugiato anche sul caffè latte, mangiare la seconda porzione ignorando il parmigiano.
Ho visto una cognata: il peperoncino deve essere poco poco se no non lo mangio, divorare il secondo piatto fregandosene del peperoncino (che in realtà era talmente poco che quasi lo sentiva solo lei).
Ho visto l’altra cognata: il risotto mi causa sempre uno “strozzo in gola”, mangiarne due piatti e, a fine serata, portarsi a casa quello rimasto.
Ho sentito una moglie farmi i complimenti (l’ultima volta ero ancora un bambino)
E io? io normalmente quando cucino ho la tendenza a saturarmi con gli aromi e gli assaggi, tanto che poi normalmente il piatto finito lo provo appena, stavolta ho fatto il bis. insomma, hanno detto tutti che il mio piatto era esagerato (figuriamoci).
Lo so che questo scritto sa di esibizione, vanità, autocompiacimento, ricerca di consenso,,,,,,
Certamente possibile, ma è anche voglia di condividere (in questo caso a posteriori) un momento di felice distensione come raramente me ne capitano ultimamente.
Grazie per la pazienza di essere giunti fino a qui, nel prossimo post la ricetta vera e propria, ciao, sandro.
Atto primo: Prequel - Gratificazione - Sfogo - Solo chiacchiere: si può passare direttamente al 2°atto
In cucina mi considero bravino (senza esagerare), ma non ho una scelta molto ampia di piatti, cucino solo le cose che piacciono a me e mi sembra normale, a volte non seguo nemmeno una ricetta vera e propria ma mi affido all’ispirazione del momento, logicamente se decido per penne alla DioTiFulmini, il risultato sarà penne alla DioTiFulmini, ma per il procedimento seguo l’istinto.
Capita anche, che mi siano piaciuti piatti cucinati da altri e di provare a cucinarli (tentando e ritentando) fino a ottenere lo stesso risultato o qualcosa di simile. A volte basta poco per trovare procedura, ingrediente, o proporzioni magiche anche se spesso ho impiegato anni per raggiungere un buon risultato, mentre altre volte ho desistito non riuscendoci.
Ad esempio, dalle mie parti, si cucina un piatto tipico che si chiama cassoeula. Consiste in alcuni tagli di carne di maiale stufata assieme ad abbondante dose di cavolo verza (molta verza). Ne esistono parecchie varianti, più o meno «umide» a seconda della località dove viene proposta, ma la migliore che abbia mai mangiato, asciutta e bella unta, la cucinava mia nonna.
Non sono mai riuscito a farmi dare la ricetta, insegnatale probabilmente da sua mamma. Non che la volesse tenere segreta, per lei era una cosa talmente banale, che nello spiegare il da farsi, minimizzava il processo al punto da suonare così: su fuoco basso metti carne e verze fino a quando sono cotte. Che è pure vero, ma è come dire: la cucini e quando è pronta la mangi!
Ci ho messo una ventina d’anni a raggiungere un risultato abbastanza simile al suo, ma i primi tentativi, non li aveva voluti nemmeno il cane (non gli sarà piaciuta la verza, ma costine e cotenne?…niente).
Venendo alla ricetta oggetto del Topic, la sera del 25 agosto 2016 ho ricucinato un piatto che pur venendomi bene, diciamo in gioventù, da un certo momento in poi, di punto in bianco, non sono più riuscito a cucinare in modo accettabile (giudizio in versione elegante), nonostante vari tentativi, non c’è stato più verso, se volevo mangiare un buon risotto ai frutti di mare, dovevo andare al ristorante.
Per quella sera, dicevo, a mente fresca, dopo più di trent’anni di astensione, ho cucinato un risotto ai frutti di mare, il cui gradimento mi ha appagato. Eravamo in cinque, una moglie, due cognate, un cognato, ed io, pronti ad affrontare il benedetto risotto. Devo aggiungere che la rappresentanza rosa del gruppo, solo pochi giorni prima, aveva gustato il medesimo piatto in un rinomato ristorante romagnolo che lo annoverava tra le sue specialità.
Reazioni.
Ho visto un cognato: parmigiano grattugiato anche sul caffè latte, mangiare la seconda porzione ignorando il parmigiano.
Ho visto una cognata: il peperoncino deve essere poco poco se no non lo mangio, divorare il secondo piatto fregandosene del peperoncino (che in realtà era talmente poco che quasi lo sentiva solo lei).
Ho visto l’altra cognata: il risotto mi causa sempre uno “strozzo in gola”, mangiarne due piatti e, a fine serata, portarsi a casa quello rimasto.
Ho sentito una moglie farmi i complimenti (l’ultima volta ero ancora un bambino)
E io? io normalmente quando cucino ho la tendenza a saturarmi con gli aromi e gli assaggi, tanto che poi normalmente il piatto finito lo provo appena, stavolta ho fatto il bis. insomma, hanno detto tutti che il mio piatto era esagerato (figuriamoci).
Lo so che questo scritto sa di esibizione, vanità, autocompiacimento, ricerca di consenso,,,,,,
Certamente possibile, ma è anche voglia di condividere (in questo caso a posteriori) un momento di felice distensione come raramente me ne capitano ultimamente.
Grazie per la pazienza di essere giunti fino a qui, nel prossimo post la ricetta vera e propria, ciao, sandro.