Impasto -seconda parte
Inviato: 18 febbraio 2015, 16:21
Dicevo nel primo post sull’impasto , prima l’acqua o prima la farina?
Si parte dalla farina e poi si aggiunge l’acqua nell’impasto, soprattutto per gli impasti molli (70-100%) cioè per quegli impasti che per loro tipologia sono costituiti da un quantitativo di acqua oltre il 70% vale a dire gli impasti per la produzione di pizza in teglia.
Invece per gli impasti duri(40-50%) o morbidi (50-70%) siccome non destano grande preoccupazione e difficoltà si può partire dall’acqua.
Quando si lavorano impasti molli, l’aggiunta dell’acqua deve avvenire lentamente e con gradualità. In linea di massima si consiglia di introdurre inizialmente solo ¾ della dose d’acqua prevista dalla ricetta lasciando l’ultimo ¼ ad un’aggiunta successiva.
Una parte di quest’ultimo quantitativo è generalmente introdotta all’inizio della seconda velocità, immediatamente dopo l’aggiunta di sale, procedendo poi con l’aggiunta a “filo” della restante quantità.
L’introduzione repentina della totalità della dose d’acqua immediatamente nella fase iniziale dell’impastamento, può portare a problematiche legate sia a difficoltà di formazione del reticolo proteico e sia ad un’estrema appiccicosità dello stesso contro le pareti e la vasca dell’impastatrice impedendo la sua formazione.
La difficoltà consiste proprio nell’aumento dei tempi d’impasto per operare la ricostruzione; tempi che spesso non sono compatibili con la formazione di una pasta liscia , omogenea, li ed uniforme, causando un riscaldamento eccessivo dell’impasto con tutte le implicazioni negative che esso comporta sulle proprietà reologiche della struttura stessa. Più s’impasta, più si scalda e più l’impasto rimane incoerente .
I tempi lunghi per raggiungere il punto pasta negli impasti molli sono dovuti al fatto che l’energia assorbita da questi è inferiore rispetto agli impasti duri , questo perché la viscosità essendo più bassa e l’attrito contro le pareti della vasca inferiore, di conseguenza la formazione del reticolo proteico è ritardata.
Gli impasti cosiddetti duri sono caratteristici per avere una ridotta estensibilità e molta elasticità , di conseguenza il prodotto finale ha una porosità limitata e un alveolatura molto fine.
Mentre invece negli impasti molli o “dolci” , di difficile lavorabilità a causa della scarsa consistenza, il prodotto finale avrà un’alveolatura irregolare con grosse bolle dovute alla coalescenza di bolle più piccole.
Si dice che l’impasto è formato da due fasi caratterizzate da diversa velocità dell’impastatrice:
· Nella prima fase a velocità ridotta con una durata di circa 5 minuti
· Nella seconda fase la velocità è più elevata e la durata dipende da diverse variabili .
Nella prima fase è possibile apportare correzioni nell’impasto aggiungendo o acqua o farina , in questa fase l’acqua è distribuita in maniera uniforme tra gli ingredienti al fine di consentire l’idratazione delle molecole di gliadina e glutenina e la formazione della macromolecola glutine.
Nella seconda fase si ha inclusione delle bolle d’aria necessarie alla formazione e alla successiva lievitazione dell’impasto , si ha la completa formazione del reticolo proteico.
Quest’ultima fase come dicevo prima ha una durata variabile in funzione dell’idratazione dell’impasto , dalla quantità e qualità delle proteine, dall’organo impastatore e dalla temperatura.
L’impasto è terminato quando comincia a staccarsi dalle pareti e ad attorcigliarsi attorno all’organo impastatore e inizia a “scoppiettare” nella vasca.
L’impasto a questo punto è completamente formato le proteine coinvolte nella formazione del reticolo proteico sono distese al massimo, la massa al tatto da una sensazione setosa e vellutata.
E’ importante sottolineare che la temperatura dell’acqua, facilmente controllabile, è utilizzata per standardizzare la temperatura dell’impasto anche ai fini della successiva lievitazione e fermentazione che deve svolgersi con temperature adeguate.
La temperatura dell’impasto quindi deve essere controllata in quanto svolge un ruolo importante nelle reazioni di ossidazione che avvengono durante l’impastamento ed è determinante per la velocità stessa della lievitazione.
La temperatura media a fine impasto deve oscillare fra 21 e 24 °C, nell’allontanarsi da questo optimum verso l’alto (26-27 °C) si avranno ossidazione eccessiva e partenza rapida della lievitazione .
Nella fase di impastamento come detto prima si ha inglobamento dell’aria e quindi avvengono processi ossido-riduttivi dovuti all’assorbimento di aria. Tali processi permettono la formazione di legami disolfuro nelle molecole di glutenina , questa formazione è quindi influenzata dalla presenza di ossidanti, sia naturalmente presenti che aggiunti( ac. Ascorbico), che incrementando la formazione di questi legami (che coinvolgono due molecole di cisteina presenti nelle proteine del glutine) rinsaldano le maglie glutiniche e conferiscono alla struttura del glutine una maggior resistenza e migliori qualità reologiche.
La presenza di questi legami è determinante per creare il reticolo proteico capace di trattenere l’anidride carbonica e quindi di dare una buona struttura ,specialmente per i pani, durante la lievitazione e la cottura.
Quindi oltre all’azione meccanica si ha un’azione chimico-fisica legata alla velocità e al tempo di impastamento che provoca l’aerazione e l’ossidazione dell’impasto.
L’ ossidazione influenza la forza dell’impasto, accelera la sua evoluzione fisica e tende a ridurre la durata della sua formazione , questo è un bene per evitare l’aumento di temperatura.
Tutto il processo di formazione dell’impasto è legato quindi alla ossidazione durante l’impastamento, che determina lo sviluppo del reticolo proteico .
Non sempre allo sviluppo meccanico dell’impasto corrisponde una adeguata ossidazione
infatti nelle impastatrici molto veloci (spirale intensiva) in cui il contatto dell’impasto con l’ossigeno dell’aria è ridotto a qualche minuto si ha rapidamente la formazione del reticolo proteico senza avere ossidazione.
In tal caso vengono aggiunti all’impasto degli agenti ossidanti come l’acido ascorbico che provvede all’ossidazione necessaria.
Si parte dalla farina e poi si aggiunge l’acqua nell’impasto, soprattutto per gli impasti molli (70-100%) cioè per quegli impasti che per loro tipologia sono costituiti da un quantitativo di acqua oltre il 70% vale a dire gli impasti per la produzione di pizza in teglia.
Invece per gli impasti duri(40-50%) o morbidi (50-70%) siccome non destano grande preoccupazione e difficoltà si può partire dall’acqua.
Quando si lavorano impasti molli, l’aggiunta dell’acqua deve avvenire lentamente e con gradualità. In linea di massima si consiglia di introdurre inizialmente solo ¾ della dose d’acqua prevista dalla ricetta lasciando l’ultimo ¼ ad un’aggiunta successiva.
Una parte di quest’ultimo quantitativo è generalmente introdotta all’inizio della seconda velocità, immediatamente dopo l’aggiunta di sale, procedendo poi con l’aggiunta a “filo” della restante quantità.
L’introduzione repentina della totalità della dose d’acqua immediatamente nella fase iniziale dell’impastamento, può portare a problematiche legate sia a difficoltà di formazione del reticolo proteico e sia ad un’estrema appiccicosità dello stesso contro le pareti e la vasca dell’impastatrice impedendo la sua formazione.
La difficoltà consiste proprio nell’aumento dei tempi d’impasto per operare la ricostruzione; tempi che spesso non sono compatibili con la formazione di una pasta liscia , omogenea, li ed uniforme, causando un riscaldamento eccessivo dell’impasto con tutte le implicazioni negative che esso comporta sulle proprietà reologiche della struttura stessa. Più s’impasta, più si scalda e più l’impasto rimane incoerente .
I tempi lunghi per raggiungere il punto pasta negli impasti molli sono dovuti al fatto che l’energia assorbita da questi è inferiore rispetto agli impasti duri , questo perché la viscosità essendo più bassa e l’attrito contro le pareti della vasca inferiore, di conseguenza la formazione del reticolo proteico è ritardata.
Gli impasti cosiddetti duri sono caratteristici per avere una ridotta estensibilità e molta elasticità , di conseguenza il prodotto finale ha una porosità limitata e un alveolatura molto fine.
Mentre invece negli impasti molli o “dolci” , di difficile lavorabilità a causa della scarsa consistenza, il prodotto finale avrà un’alveolatura irregolare con grosse bolle dovute alla coalescenza di bolle più piccole.
Si dice che l’impasto è formato da due fasi caratterizzate da diversa velocità dell’impastatrice:
· Nella prima fase a velocità ridotta con una durata di circa 5 minuti
· Nella seconda fase la velocità è più elevata e la durata dipende da diverse variabili .
Nella prima fase è possibile apportare correzioni nell’impasto aggiungendo o acqua o farina , in questa fase l’acqua è distribuita in maniera uniforme tra gli ingredienti al fine di consentire l’idratazione delle molecole di gliadina e glutenina e la formazione della macromolecola glutine.
Nella seconda fase si ha inclusione delle bolle d’aria necessarie alla formazione e alla successiva lievitazione dell’impasto , si ha la completa formazione del reticolo proteico.
Quest’ultima fase come dicevo prima ha una durata variabile in funzione dell’idratazione dell’impasto , dalla quantità e qualità delle proteine, dall’organo impastatore e dalla temperatura.
L’impasto è terminato quando comincia a staccarsi dalle pareti e ad attorcigliarsi attorno all’organo impastatore e inizia a “scoppiettare” nella vasca.
L’impasto a questo punto è completamente formato le proteine coinvolte nella formazione del reticolo proteico sono distese al massimo, la massa al tatto da una sensazione setosa e vellutata.
E’ importante sottolineare che la temperatura dell’acqua, facilmente controllabile, è utilizzata per standardizzare la temperatura dell’impasto anche ai fini della successiva lievitazione e fermentazione che deve svolgersi con temperature adeguate.
La temperatura dell’impasto quindi deve essere controllata in quanto svolge un ruolo importante nelle reazioni di ossidazione che avvengono durante l’impastamento ed è determinante per la velocità stessa della lievitazione.
La temperatura media a fine impasto deve oscillare fra 21 e 24 °C, nell’allontanarsi da questo optimum verso l’alto (26-27 °C) si avranno ossidazione eccessiva e partenza rapida della lievitazione .
Nella fase di impastamento come detto prima si ha inglobamento dell’aria e quindi avvengono processi ossido-riduttivi dovuti all’assorbimento di aria. Tali processi permettono la formazione di legami disolfuro nelle molecole di glutenina , questa formazione è quindi influenzata dalla presenza di ossidanti, sia naturalmente presenti che aggiunti( ac. Ascorbico), che incrementando la formazione di questi legami (che coinvolgono due molecole di cisteina presenti nelle proteine del glutine) rinsaldano le maglie glutiniche e conferiscono alla struttura del glutine una maggior resistenza e migliori qualità reologiche.
La presenza di questi legami è determinante per creare il reticolo proteico capace di trattenere l’anidride carbonica e quindi di dare una buona struttura ,specialmente per i pani, durante la lievitazione e la cottura.
Quindi oltre all’azione meccanica si ha un’azione chimico-fisica legata alla velocità e al tempo di impastamento che provoca l’aerazione e l’ossidazione dell’impasto.
L’ ossidazione influenza la forza dell’impasto, accelera la sua evoluzione fisica e tende a ridurre la durata della sua formazione , questo è un bene per evitare l’aumento di temperatura.
Tutto il processo di formazione dell’impasto è legato quindi alla ossidazione durante l’impastamento, che determina lo sviluppo del reticolo proteico .
Non sempre allo sviluppo meccanico dell’impasto corrisponde una adeguata ossidazione
infatti nelle impastatrici molto veloci (spirale intensiva) in cui il contatto dell’impasto con l’ossigeno dell’aria è ridotto a qualche minuto si ha rapidamente la formazione del reticolo proteico senza avere ossidazione.
In tal caso vengono aggiunti all’impasto degli agenti ossidanti come l’acido ascorbico che provvede all’ossidazione necessaria.